
L’esperto: “Le malattie oculari non vanno in vacanza, tornate a curarvi”
Tre milioni e mezzo di visite oculistiche e 250 mila interventi chirurgici: sono quelli che mancano all’appello causa Coronavirus. Un ‘arretrato’ che bisogna assolutamente recuperare per evitare che molti pazienti, soprattutto anziani, abbiamo dei danni alla vista. Sono numeri che arrivano dalla Società Oftalmologica Italiana (Soi) che quest’anno ha svolto in modalità on line il Congresso annuale. Le patologie oculari non possono attendere Durante gli ultimi tre mesi i pazienti, a causa del blocco da Covid 19, non hanno avuto accesso alle visite programmate e non si sono potuti recate ai Pronto Soccorso per le normali necessità o imprevisti. Una difficoltà che riguarda non solo il settore ospedaliero, ma tutta l’oculistica: la paura del contagio ha impedito ai pazienti di frequentare studi medici o ambulatori chirurgici dove era prevista la commistione tra pazienti potenzialmente positivi e altri soggetti sani. “E’ necessaria una riorganizzazione dell’attività assistenziale oculistica – sottolinea il presidente della Soi, Matteo Piovella. “In questi pochi mesi non è stato possibile eseguire 3 milioni e mezzo di visite oculistiche e 250 mila interventi chirurgici. È necessario riprendere la normale programmazione caratteristica dell’oculistica per evitare che tante malattie vadano fuori controllo”. Le patologie oculari negli anziani Tra i pazienti che si sono trascurati di più ci sono gli anziani, considerati maggiormente a rischio per il Coronavirus e spesso affetti da patologie oculari che – se trascurate – possono comportare danni importanti. Patologie come glaucoma, degenerazione maculare senile, cataratta, retinopatia diabetica, cheratocono non si possono trascurare per un lungo periodo. “Tante persone, se non curate adeguatamente sono a rischio di perdere la vista”, avverte Piovella che aggiunge: “Mi preme sottolineare la difficile situazione in cui versano i pazienti che hanno necessità per sottoposti alle cure per sconfiggere la maculopatia, la causa maggiore di cecità in Italia. Oggi hanno a disposizione solo il 30% delle terapie necessarie a causa di una dannosa e irresponsabile burocrazia che limita a pochi medici oculisti l’erogazione delle cure mentre 7000 esperti salva vista sono ‘obbligati’ a stare fermi al box. Per non parlare della inutile e dannosa farmacovigilanza intensiva che ha dato il colpo di grazia al diritto dei pazienti di potersi curare come si fa in tutto il resto del mondo”. Come gestire i pazienti nella fase due Per rasserenare tutti circa il proprio stato di salute, la Soi ha diffuso le Linee Guida e le indicazioni per poter attivare l’attività ordinaria in oculistica nonostante le difficoltà poste dal distanziamento e dalla conseguente dilatazione dei tempi necessari a effettuare i 15 milioni/anno di visite oculistiche. “La prima raccomandazione – spiega Piovella – è quella di essere in grado di individuare pazienti potenzialmente contagiosi in modo da informarli dell’impossibilità d’accesso allo studio medico o all’ambulatorio chirurgico. Indispensabile attivare specifiche domande di selezione per telefono prima dell’acceso diretto. Al paziente viene illustrata un’informativa sui dispositivi di protezione individuali necessari per l’accesso allo studio, mascherina compresa”. Le procedure da seguire Una volta raggiunto il centro, al paziente viene chiesta la sottoscrizione di un’autocertificazione di conformità a quanto dichiarato nel questionario. Viene controllato il rispetto delle norme di distanziamento, la riduzione e la corretta programmazione delle visite e degli interventi chirurgici e vengono date informazioni circa l’applicazione della sanificazione dell’ambiente e delle apparecchiature tra un paziente ed il successivo. “In tutte le fasi della visita dove la distanza tra paziente e operatore risulta inferiore a un metro – chiarisce l’esperto – si prevede che il paziente rimanga in silenzio per contenere l’espulsione di droplets ovvero le goccioline di saliva”. Tampone per tutti i pazienti, anche nelle strutture private Per rassicurare i pazienti è bene informarli del fatto che le strutture sono dedicate al trattamento di pazienti non potenzialmente contagiosi. “Molti ospedali del Ssn – aggiunge Piovella – anche per evitare problematiche di natura legale, hanno introdotto l’obbligo di esecuzione di tampone per i pazienti da sottoporre a chirurgia oculistica e a terapia intravitreale”. Per questo la Soi ha chiesto al Ministro della Salute, Roberto Speranza, la stessa possibilità d’accesso all’esecuzione dei tamponi da parte dei pazienti che si rivolgono agli studi medici e agli ambulatori chirurgici privati rispetto ai pazienti che si rivolgono alle strutture pubbliche. “La Soi – conclude l’oculista – ritiene indispensabile consolidare la possibilità di potersi sottoporre su base volontaria a tampone anche in strutture pubbliche o private a pagamento”.
(fonte Repubblica.it)
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